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RIGAMONTI MARIO (Brescia 17 dicembre 1922 – Superga 4 maggio 1949)
Presenze in granata: 140 - Reti in granata: 1 – Presenze in Nazionale: 3
Dalla Taurinia al Torino, come a dire un destino obbligato. Rigamonti è lombardo, ma la sua vita diventa torinese per via di un collegio severo, il Ricaldone. Il carattere, per niente docile, ha bisogno di essere tenuto a freno e, a questo fine, niente di meglio di qualche paterna bacchettata dispensata da educatori religiosi. Per fortuna che tanta esuberanza trova sfogo nel football a cui Rigamonti si applica con slancio e passione.
Non ci vuole molto, pur nelle partitelle fra compagni e nelle prime apparizioni in qualche torneo cittadino, a suscitare l’interesse degli osservatori del Torino. Implacabili, come falchi sempre in agguato, degni successori della mitica scuola di Karl Stürmer, i talent scout granata incrociano la piazza senza stancarsi mai di partite e sfide giovanili.
Al pari di Maroso, anche Rigamonti cade nella rete delle osservazioni scrupolose di Mario Sperone. Il rapporto è positivo e parla di grinta e scatto, rapidità e bella prestanza fisica. Passare al Toro, in questi primi anni Quaranta, diventa così il lineare, ineluttabile percorso di Rigamonti, che incomincia a respirare l’aria del Filadelfia e a fraternizzare con i tanti campioni che vi giocano.
| Una vita in granata |
Fa già parte della rosa allargata della prima squadra nell’ultimo campionato regolare disputato prima della sospensione della guerra. Le rare fotografie che lo rivelano già in gruppo lo mostrano imberbe e felice, in attesa che venga il suo turno. Non ci fosse la guerra arriverebbe presto la prima chiamata in squadra, ma tutto è complicato dal conflitto. Nel campionato di guerra Rigamonti sgranchisce i muscoli a Brescia e a Lecco, ma con la ripresa torna in granata. La campagna del presidente Ferruccio Novo prevede il ricambio pressoché totale della difesa. Gli antichi mastini recedono per lasciar spazio alle nuove leve.
Rigamonti viene inserito nel ruolo di centrale della difesa, quello che un tempo veniva chiamato il “poliziotto”, sempre alle prese con l’attaccante avversario più temibile e pericoloso, in genere il centravanti. Ma lottare è il suo pane preferito e non esita. Ai lati lo accostano Ballarin e Maroso, appena davanti formano dighe difficili da superare Grezar, Loik e Castigliano. Con lui passare non è facile. I tifosi – che lo chiamano sbrigativamente “Riga” – vedono nel suo fisico da corazziere l’immagine di una roccia. Conosce l’anticipo alla perfezione; la resistenza tenace, la caparbietà, lo scatto tempestivo e sul breve sono le doti più spiccate. Combattere su ogni palla è il credo da diffondere, si butta nelle mischie più accese. Tanto più si deve sgomitare tanto più sembra trovarsi a suo agio.
In casa juventina, proprio in questi anni, gli fa da contraltare Carlo Parola, il suo contrario: atleta elegante e raffinato, che gli contende il posto in Nazionale. Ma anche quello arriva e nel giorno più bello. Dieci sono i granata che Vittorio Pozzo schiera a Torino nell’amichevole contro la forte Ungheria e Rigamonti finalmente esordisce. Parola, titolare del posto, non ha fatto tempo a tornare dalla sfida internazionale fra Inghilterra e Resto d’Europa, selezionato come rappresentante italiano. La Nazional-Torino vince in zona Cesarini per 3-2 e Rigamonti assapora per la prima volta il gusto di una vittoria con la maglia azzurra. È felice e ci scherza su.
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Con Bacigalupo e Martelli compone il “trio Nizza”, un terzetto di scapestrati mattacchioni che passano da una battuta all’altra. Ma Rigamonti è il più faceto e Bacigalupo il suo bersaglio preferito. “Riga” parla sempre con grave serietà e “Baci” crede a tutto ciò che gli dice. “Sai, Valerio, il segretario Giusti ti ha cercato per consegnarti un premio speciale, per le belle parate di domenica…”. In un amen l’ingenuo portiere è in sede, in via Alfieri, bussa alla porta del segretario e reclama il dovuto. Poche parole e lo scherzo è smascherato, accompagnato da uno scoppio di … auguri, indirizzati a quella brava persona di Rigamonti.
Anche per questo “Riga” piace un po’ a tutti, in particolare al presidente Novo che a volte lo coccola come un figlio. Riesce persino a perdonarlo quando si presenta agli allenamenti con qualche ammaccatura provocata dalle cadute in moto. Quella della motocicletta è, dopo il calcio, la sua passione più viva. Smonta e prova, smanetta e parte, il tutto nella disperazione della dirigenza, timorosa di qualche incidente grave. Come quella volta, in estate, che era finito nelle acque del lago … ma per fortuna che sapeva nuotare!
Bizzoso e un po’ pazzo, come si conviene ai campioni di razza, non vede l’ora di essere convocato per i Mondiali di Calcio del Brasile, una terra che lo affascina e che sente vicina, un appuntamento che gli fu negato, Superga complice.
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