giovedì 2 luglio 2009

I Grandi che hanno fatto grande il Toro

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I Grandi che hanno fatto grande il Toro

...mette a segno in 9 stagioni, e su 238 partite, la bellezza di 154 reti che ancora oggi ne fanno il bomber più prolifico per quanto riguarda i match di campionato.

Lo chiamano “el potrillo”, il puledro, per via delle sue scappate sull’ala...

JULIO LIBONATTI



Julio LibonattiLIBONATTI Julio (5 luglio 1901-Rosario di Santa Fé Argentina/ 9 ottobre 1981 Argentina)

Un fenomeno, un campione autentico. Un goleador atipico, non uno sfondatore, ma un ragionatore; non un panzer, ma un attaccante intelligente, capace di assistere i compagni, a servizio della squadra. Scrive Ettore Berra: «Libonatti era un centravanti di manovra, giocava arretrato rispetto alle mezze ali, era un organizzatore, un distributore di gioco, un calcolatore, un osservatore attento; frugava con l’occhio acuto nel tessuto della difesa opposta per scoprirne le falle. Il suo tiro era secco, generalmente un tiro corto, ma preciso, sul portiere quasi sempre spiazzato».

Libonatti fu il primo oriundo – meglio, all’epoca i giocatori nati all’estero da genitori italiani erano detti “rimpatriati” – a venire in Italia e a vestire la maglia della Nazionale (nelle cui file, detto per inciso, collezionò 17 partite e 15 reti). In Argentina cresce nell’organico del Newell’s Old Boys, ma presto approda alla Nazionale bianco-celeste facendo faville. Lo chiamano “el potrillo”, il puledro, per via delle sua scappate sull’ala e le rapide fughe, con destinazione la porta avversaria.

Grande Torino. La storia a fumetti.

Grande Torino. La Storia a fumetti.
Autori Paolo Fizzarotti, Emilio Grasso, Franco Ossola Anno 2009 Pagine 64
Città
Genova Editore Galata Edizioni Tipo illustrato

"E certo non c'è gloria maggiore per l'uomo fino a che vive, di quella che si procura con le mani e coi piedi". Con questa frase tratta dall'Odissea di Omero si apre un libro particolare per soggetto e realizzazione, curato a tre mani da Paolo Fizzarotti, Emilio Grasso e Franco Ossola, rispettivamente sceneggiatore, disegnatore e storico del calcio e della storia del Toro. La storia a fumetti raccoglie i Grandi del Torino dentro l'aereo dell'ultimo viaggio, quello da Lisbona a Torino, e li vede raccontarsi e parlare del presente, del passato, e del loro futuro. Una storia che è emblema, una storia che parla di chi gioca a calcio, è famoso, ricco e amato, conteso dal mondo; parla di partite, gol e risultati, alludendo in realtà al mistero dei fili invisibili che regolano le nostre vite.
Un'opera particolarissima, destinata a fare storia per la cura del dettaglio storico, la talentuosità del disegnatore, il coinvolgimento del lettore-tifoso per la sceneggiatura.

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Appena in Italia diventa possibile convocare i rimpatriati, il primo a muoversi è il presidente del Torino, l’illuminato conte Enrico Marone Cinzano, che individua in Libonatti l’asso da affiancare ad Adolfo Baloncieri, il grande interno appena prelevato dall’Alessandria, dove la sua presenza non è più gradita alla tifoseria che lo ritiene al capolinea (Baloncieri, al pari di quel che capiterà a Gabetto una ventina di anni dopo, rinascerà a nuova vita con la maglia del Torino).

Il Trio delle Meraviglie, Torino anni '20-'30: Baloncieri, Libonatti, RossettiA dire il vero, la dirigenza granata aveva puntato sul fratello più anziano di Libonatti, attaccante altrettanto bravo, ma al suo rifiuto ad andare in Italia, gli argentini avevano spedito Julio.

La cosa funzionò a meraviglia per i colori granata. Quando l’anno successivo (1926-27) ai due si andò ad aggiungere l’attaccante spezzino Gino Rossetti II, Marone completò un trio di attaccanti, ben presto battezzato dai tifosi il “trio delle meraviglie”.
Baloncieri a destra, Libonatti al centro, Rossetti a sinistra,
un’autentica macchina da gol, capace di bottini di reti che neppure il Grande Torino di Valentino Mazzola seppe eguagliare.


Il Trio delle Meraviglie scudettato: Baloncieri, Libonatti e Rossetti

Nel torneo 1928-29 le reti messe a segno arrivarono a 117 in sole 33 partite, come a dire una media pari a 3,54 a partita! In questa prolifica realtà Libonatti fece brillantemente la sua parte, mettendo a segno in 9 stagioni complete, e su 238 partite, la bellezza di 154 reti che ancora oggi ne fanno il bomber più prolifico per quanto riguarda i match di campionato (meglio di Paolino Pulici, fermo a 134, ma in 14 stagioni e 335 gare).

Nelle giornate di vena era imprendibile, difficile da marcare, eppure quanto mai generoso. Certe volte, pur se in buona posizione, pareva esitare; sembrava non volesse tirare. Ed era proprio così: non calciava a rete apposta, finché non riteneva di trovarsi nella migliore delle circostanze, sicuro di segnare. Vivido e perfetto il ritratto che ne fa Giglio Panza, che ne vide le imprese al Filadelfia: «L’unico della squadra che sul piano della classe potesse sostenere il confronto con Baloncieri era Libonatti. Piccolo di statura, ma solido nel tronco e forte nei contrasti, rapido nello smistamento del pallone, altruista nel gioco come lo era nella vita, questo italo-argentino ha segnato caterve di gol, colpendo il pallone di punta nella metà centrale della circonferenza, come un giocatore di biliardo».

Profondo Granata

Profondo Granata
Autore Salvatore Lo Presti Anno 1976 Pagine 272
Città Torino Editore Sargraf Tipo illustrato

E’ l’anno dello scudetto di Radice. La letteratura granata ha un sussulto d’orgoglio. Questo libro di Lo Presti è un testo importante, che non può mancare nello scaffale dell’appassionato. Diviso in due parti mette a confronto, con un’operazione curiosa e ardita, il Grande Torino del presidente Novo con il nuovo Grande Torino, neo campione d’Italia, di Pianelli. Ripercorsa la genesi delle due squadre, ricostruendo i momenti salienti delle loro affermazioni, Lo Presti mette poi a confronto, uno per uno, tutti i loro componenti, esercitandosi in paragoni a volte un po’ azzardati.

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Esatto, proprio come un giocatore di biliardo. Quante le notti di Julio trascorse a girare attorno alla plancia verde di un biliardo. Tutti i bar alla moda di Torino erano suoi, dal Patria, al Fiorina, a Pepino. Anche a biliardo era un campione, tanto da meritarsi l’appellativo di “stecca d’oro”. La passione per la vita, vissuta ai cento all’ora, il gusto, quasi ironico, della celebrità. Libonatti ci credeva, era fatto così e spendeva tutte le sue energie fisiche e economiche, senza troppo pensare. I giornali del tempo ce lo descrivono come allegro, sempre pronto allo scherzo. La mania delle camicie di seta e delle cravatte, le più belle, le più costose. Usate una volta non concedeva mai il bis e le regalava, nuove. I quattrini – che già all’epoca per lui erano parecchi – si sfilavano dalle sue dita con la stessa naturale facilità con cui segnava.

Quando il Toro lo lascia libero si accasa per due stagioni al Genoa. Da lì, a fine carriera, decide di rientrare in patria.
Il biglietto per il viaggio del piroscafo nasce da una colletta di tifosi, ché Julio non ha più una lira in tasca.
Poi un giorno di ottobre del 1981 le agenzie dell’ANSA battono una notizia: “el potrillo” non è più con noi.

Addio, grande Libo!

Il Toro, una storia d'amore

Il Toro, una storia d'amore.
Autori
Bruno Bernardi-Massimo Novelli Anno 2001 Pagine 240
Città
Torino Editore Graphot Editrice

Gli autori si sono dotati di una macchina del tempo per attraversare le vicende ora omeriche e ora donchisciottesche, ora fulgide e ora romantiche di una squadra romantica. In questa cavalcata che comincia e finisce alle rovine dello stadio Filadelfia, rivivono non soltanto i Balonceri, i Libonatti, gli invincibili di Superga, i Gemelli e i Poeti del gol, i grandi capitani come Mazzola e Ferrini... ma tutti i protagonisti: chi per anni, chi per pochi mesi, e chi magari per un solo giorno in granata. C'è tutto il Torino possibile, fino al colpo di scena dell'arrivo di Alberto Zaccheroni

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