martedì 7 luglio 2009

Brian May il chitarrista Magnifico



Dal palco con i Queen a rettore "Spero solo di esserne degno"
PIERANGELO SAPEGNO
LONDRA
Dalla vita si può anche andare e venire, e Brian non è il primo che l’ha capito da quando esiste il mondo. Ma il suo è un percorso diverso. Prima era un grande musicista. Adesso l’hanno appena nominato rettore dell’Università John Moore di Liverpool. Ha detto: «Sono fiero di questo. Spero di esserne degno». Ma dai Queen a una cattedra, dal rock alla scienza, la vita di Brian May in fondo è sempre stata la stessa.

Ha studiato astrofisica e l’ha fatto pure mentre si costruiva una chitarra da solo, la Red Special, perché non aveva i soldi per comprarsene una. Si pagava l’università con una borsa di studio. L’anno scorso ha scritto «Bang, la storia completa dell’universo», un tomo per scienziati. Quand’era ragazzo suonava assieme a Freddie Mercury, che con i suoi baffi scuri, i pantaloni di pelle e la canottiera bianca traforata giocava con l’ambiguità e l’uso bizzarro della sua immagine, mischiando la musica ai travestimenti e al grand guignol. Brian portava gli stessi capelli lunghi che porta ancora adesso, mentre succede a Cherie Blair, la moglie dell’ex premier Tony Blair, sulla cattedra di cancelliere onorario dell’Università. Brian Harold May, di Twickenham, Londra, oltre che chitarrista di uno dei più celebri gruppi rock della storia, i Queen, è stato l’autore di brani indimenticabili come «We will rock you» o come lo struggente e melanconico «The Show Must Go On», che aveva scritto mentre Freddie Mercury stava morendo di Aids e lui stesso meditava il suicidio. Capita che si va per mare su un setaccio e poi si arriva lo stesso. Ma lui ha fatto qualcosa di più. E’ arrivato due volte, è andato e tornato. La vita parallela di Brian May è sempre corsa in senso contrario, come se in fondo lui non avesse mai capito quale fosse quella vera. Adesso che una è rimasta nel museo, l’altra è arrivata in cima. Ce ne sono tanti così. Anche Enzo Jannacci è un medico, prima di essere un cantautore. Paolo Conte vive facendo l’avvocato. Giorgio Faletti fa l’attore e lo scrittore, così come Hugh Laurie, il Doctor House, che ha scritto «Il venditore di armi», best seller negli Usa e in Inghilterra, o come Steve Martin anche lui autore di un libro di successo, senza arrivare a Ronald Reagan, attore di film western diventato presidente degli Stati Uniti. Sono vite che esistono sempre, anche quando sono parallele. E’ questo che colpisce. Ne «L’uomo che non c’era» dei fratelli Cohen, Billy Bob Thornton diceva: «Lavoravo in una bottega di barbiere, ma non mi sono mai considerato un barbiere. Ci sono inciampato dentro». Quelli come Brian non ci inciampano mai.

Quando Neil Armstrong posava il suo piede sulla luna e diceva gracchiando in bianco e nero «Okay, Houston, ci sto sopra. E’ diverso, ma è molto bello qua fuori», Brian Harold May frequentava la facoltà di Fisica e Astronomia dell’Imperial College studiando i misteri delle stelle e della nascita del mondo. Però, s’era già costruito la sua Red Special, che aveva cominciato a inventarsi nel 1963, quando aveva appena 16 anni. Conosceva già le sue due vite. Dal ’65 si era trasferito a Londra per studiare. Aveva già preso la laurea e stava lavorando a una tesi di dottorato quando Armstrong andava sulla luna («Okay, via libera, sei dritto sulla piattaforma. Vieni giù così, perfetto») e lui non riusciva più a conciliare i suoi studi con l’attività musicale assieme ai Q

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